Nessun automatismo tra buono pasto e prestazione di lavoro resa in remoto

Il quesito posto al Dipartimento della Funzione Pubblica era in ordine alla possibilità di riconoscere i buoni pasto a quei lavoratori che, in ossequio delle vigenti prescrizioni legate all’emergenza epidemiologica da Covid - 19, operano in modalità smart working.

Nella stessa nota, a sostegno della necessità di acquisire uno specifico parere in merito, vengono richiamate le conclusioni negative a cui è recentemente pervenuto il Tribunale di Venezia che, con decreto n. 1069/2020, ha rigettato il ricorso presentato da una sigla sindacale avverso il mancato riconoscimento dei buoni pasto ai lavoratori in smart working, da parte di un ente locale.

Al riguardo, afferma la Funzione Pubblica, si richiama la circolare esplicativa n. 2 del 1 aprile 2020 adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione ed avente ad oggetto “Misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18” con la quale, nell’ambito di una serie di indicazioni generali fornite alle amministrazioni durante la fase emergenziale, è stato precisato che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto, essendo rimesse a ciascuna PA le determinazioni di competenza circa la sussistenza delle condizioni per l’erogazione.

Pertanto, il riconoscimento dei buoni pasto, in assenza di specifiche previsioni ostative rinvenibili nella disciplina normativa e contrattuale vigente, rappresenta una decisione rimessa esclusivamente alle autonome scelte organizzative e gestionali di ciascuna amministrazione ed alle conseguenti misure intraprese per garantirne l’osservanza.

A tal proposito, nella successiva Direttiva n.3 del 4 maggio 2020, adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione ed avente ad oggetto “Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nell’evolversi della situazione epidemiologica da parte delle pubbliche amministrazioni”, viene specificato che “Le pubbliche amministrazioni dovranno essere in grado di definire modalità di gestione del personale duttili e flessibili, tali da assicurare che il supporto alla progressiva ripresa delle attività sia adeguato e costante tale da ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti.”

D’altronde, quanto sopra esposto appare coerente anche con la giurisprudenza consolidatasi in materia che ha escluso la natura retributiva dei cd. buoni pasto in quanto estranei al sinallagma contrattuale (Cass. 1 dicembre 1998, n. 12168; in senso conforme Cass. 17 luglio 2003, n. 11212; Cass. 21 luglio 2008, n. 20087; Cass. 8 agosto 2012, n. 14290 e, più recentemente, Cass. 6 luglio 2015, n. 13841); essi presentano, infatti, un nesso meramente occasionale col rapporto di lavoro, costituendo uno strumento, offerto dalla contrattazione collettiva, alternativo alla gestione diretta del servizio di mensa aziendale.

In definitiva, conclude il Dipartimento della Funzione Pubblica, in mancanza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale sul punto, si ritiene di confermare l’orientamento già espresso in precedenza, considerando coerente all’attuale dettato normativo che ciascuna amministrazione, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale del lavoro, assuma le decisioni più opportune in relazione all’attivazione o meno dei buoni pasti sostitutivi, alle modalità di erogazione degli stessi, nonché all’attivazione di adeguate misure volte a garantire la verifica di tutte le condizioni e dei presupposti che ne legittimano l’attribuzione ai lavoratori.


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