Donne, non è mai troppo tardi

La condizione delle donne nel mondo del lavoro non è meno complessa nel settore della sanità dove l’astensione dal lavoro per cause di malattia o maternità a rischio, di rapporto di lavoro a part-time, non ha consentito ad alcune donne di ottenere punteggio utile per la progressione di carriera, nonostante i regolamenti e le tutele contrattuali.

A volte ci troviamo ad osservare la realtà e le dinamiche che si creano in prassi consolidate figlie dell’impoverimento culturale che investe la nostra società, e ci rendiamo conto che per evitare di sprofondare sempre più in basso bisogna saper dire basta.

I diritti, anche quelli universalmente riconosciuti come il rispetto della vita e la tutela delle lavoratrici in caso di malattia, non riescono a trovare soluzioni efficaci nei diversi contratti nazionali di lavoro applicabili al personale della sanità e dei servizi socio sanitari ed educativi.

A volte una visione miope dei diversi datori di lavoro, specie nel settore privato, dove predominante è il lucro, pone limiti alle tutele contrattuali e fa ancor più rabbia rendersi conto che alcuni soprusi sono assolutamente gratuiti e meschini, in quanto sono agiti su chi è in quel momento fragile.

Ma non mancano visioni contenute e restrittive anche negli attuali contratti nazionali di lavoro della sanità pubblica dove alle donne che sono state assenti dal lavoro per maternità a rischio e per malattia, che hanno dovuto scegliere il rapporto di lavoro a part-time, non viene attribuito, per cavilli burocratici o interpretazione ristrettiva dei diversi contratti, il punteggio utile ai fini della loro progressione di carriera.

Attribuire un punteggio serve a creare una graduatoria per permettere non solo una progressione di carriera come passaggi da una categoria all’altra o di fascia ma anche una retribuzione economica legata alla performance organizzativa (produttività collettiva o di risultato).

Attribuire un punteggio è una procedura che non comporta nessun costo aggiuntivo a carico della parte pubblica, quindi la decisione di negare il suddetto, laddove previsto, in caso di assenze per cause di forza maggiore (maternità a rischio o malattia) o sospensioni lavorative giustificate e giustificabili o part- time, può essere definita un vero sopruso gratuito; inoltre, è sicuramente poco etico accanirsi verso chi già è stato colpito da malattia o da una condizione di salute invalidante, condizionando inevitabilmente la prospettiva di lavoro futura.

Noi siamo convinte che non è mai troppo tardi per riaffermare e riconoscere i diritti, soprattutto nei confronti delle donne, e diviene questo il nostro impegno, nei diversi rinnovi contrattuali che stiamo definendo, a partire da quello nel comparto sanità – triennio 2019-2021 - le cui trattative sono già in corso, per chiedere maggiori  tutele contrattuali, rispetto alle attuali, nei casi di malattia, maternità, allattamento e puerperio, adozione, aborto, parti gemellari, astensione per assistenza a minori conviventi o disabili e part-time.

Essere genitori non può essere un problema di salute femminile e riconoscere maggiori tutele non è certo discriminatorio nei confronti dei colleghi uomini ai fini della progressione di carriera.

Certo non basta essere galanti nei confronti delle donne come “Prego, prima le signore...” se nella vita quotidiana si ha invece l’impressione che si faccia di tutto per lasciarle indietro.

La vita di una donna è spesso una corsa ad ostacoli con poco spazio per la vita privata. Quando arriva il momento di dover dedicare del tempo a sé stesse e al prendersi cura di una nuova vita e del suo nuovo mondo, si vorrebbe essere circondate da qualche certezza.

Per di più non tutte le gravidanze sono uguali. Alcune già dai primi periodi richiedono il riposo. Spossatezza, nausea, astenia, pressione bassa non hanno altro rimedio che il riposo. Il tuo corpo ti chiede di fermarti, mentre tanta parte della società rimane cinicamente indifferente a questa necessità, chiedendoti di andare avanti come sempre.

Frequentemente avvisaglie di rischio per la gravidanza mandano in crisi specie donne professioniste che sono donne forti e affermate, ma che in questa nuova situazione hanno il diritto di essere fragili pazienti disarmate.

E nelle situazioni in cui si è cercato un figlio a lungo e magari in modo medicalmente assistito, l’angoscia al solo pensiero che qualcosa possa andare storto è paralizzante.

In queste situazioni una donna deve poter mettere il resto la sua vita in stand-by per il bene suo, del suo piccolo, del padre del bambino e del resto della famiglia.

Accudire durante e dopo la gravidanza il proprio figlio è una delle prove più impegnative della nostra vita e richiede presenza costante, tempo e tutte le energie che si hanno a disposizione.

Orari e ritmi di vita sono completamente stravolti e rimodulati in base alle nuove esigenze del proprio piccolo. D’altro canto il lavoro di una donna, di una professionista sanitaria in sanità, esige sempre la necessità di saper prendere decisioni, di saper sopportare con calma e comprensione le reazioni più disparate dei pazienti, la capacità di tenere a mente e conciliare aspetti burocratici, organizzativi, clinico-diagnostici, affettivi, emotivi, economici nell’organizzazione del percorso di cura.

E per affrontare un lavoro che richiede massima attenzione e grande disponibilità, bisogna star bene ed essere presenti con testa e corpo. Sono tante le realtà nelle quali davvero il sostegno alla gravidanza ti consente di staccare dagli impegni e doveri lavorativi.

Queste realtà, purtroppo, non sono viste con la lente di ingrandimento nei diversi contratti nazionali dove le donne vengono penalizzate e si vedano mettere ostacoli sulla loro progressione di carriera.

Siamo convinti che prima di parlare del problema della bassa natalità nel nostro Paese e di diritti delle donne, governanti, datori di lavoro pubblici e privati, sindacati tutti dovrebbero immergersi in queste realtà.

Una realtà visibile, ad iniziare dalla assoluta mancanza di asili nido nelle diverse strutture sanitarie e l’impossibilità di avere con sé qualcuno a cui poter lasciare l’accudimento dei propri figli minori, specie quelli inferiori a tre anni, ti porta, spesse volte al senso di abbandono, contribuendo a far sentire le donne inadeguate a questa società, dove il lusso di poter essere allo stesso tempo mamme e donne lavoratrici e professioniste sanitarie non è concesso e dove il termine “pari opportunità” è solo uno slogan da sbandierare.

Eventi come malattia, infortunio, adozione di minore o assistenza a minore, assistenza a familiari totalmente invalidi, parti gemellari, richiesta forzata del part-time, non possono in un mondo che si definisce civile essere delle croci sulle spalle delle donne lavoratrici.

Ad aggravare questa disparità di trattamento tra colleghi più o meno fortunati, vanno considerati gli effetti della pandemia, con tutti i periodi di quarantena o isolamento che tante donne hanno osservato.

Si parla tanto di pari opportunità, di regole e sistemi per non penalizzare chi si trova in una condizione di temporanea fragilità.

Ora è il momento, non è mai troppo tardi, per definire in questi rinnovi contrattuali maggiori tutele alle donne.  Questo l’impegno del Coordinamento donne della FIALS che, unitamente alla Segreteria Generale della FIALS, ha presentato diverse tutele contrattuali per le donne.

Elena Marrazzi
Responsabile Coordinamento Donne FIALS


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