L'esonero dal servizio per il personale della sanità

Uno degli aspetti maggiormente delicati della normativa d’urgenza emanata nel mese di marzo è senz’altro quello che riguarda la presenza in servizio dei dipendenti pubblici.

Sostanzialmente le disposizioni legislative tra loro coordinate prevedono che il lavoro agile cui si può far ricorso in modo semplificato, anche con strumenti personali del dipendente, diventa la modalità ordinaria di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.

E‘ evidente che tutte le raccomandazioni e le caratteristiche inerenti lo smart working – quelle sostanzialmente illustrate nella recente circolare n. 2 del Dipartimento della Funzione Pubblica - dovrebbero essere trattate in modo altrettanto smart, cioè senza indulgere in interpretazioni rigorose o formalismi che negherebbero di fatto i benefici attesi dal ricorso al lavoro agile.

In ogni caso va rammentato che non sono compatibili con il lavoro agile prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario o in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo nonché permessi brevi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero.

Il comparto nel quale la normativa in parola trova gli scenari applicativi maggiormente complessi è la sanità proprio perché è il settore direttamente coinvolto nell’emergenza per cui la normativa generale assume connotazioni del tutto peculiari.

Un aspetto piuttosto difficoltoso e delicato è quello di valutare quali siano gli ambiti di attività cui può essere funzionalmente applicato il lavoro agile.

Scontato che appare escluso ogni qual volta si tratti di assistenza diretta al paziente, sembrerebbe che la fattispecie esemplare sia quella del “lavoro di ufficio”, ma esistono tutta una serie di funzioni istituzionali che non rientrano esattamente nelle due tipologie.

Si pensi agli operatori del dipartimento della prevenzione o dei servizi territoriali; ad esempio, i tecnici della prevenzione ambientale, a determinate condizioni e con controlli precisi sui piani di lavoro, potrebbero svolgere lavoro agile – inteso quello senza la presenza fisica nella ordinaria sede di servizio - ma credo che nessuno meglio del direttore della struttura debba poter decidere in piena autonomia e conseguente responsabilità.

Stesso discorso vale per la veterinaria, gli assistenti sociali, l’assistenza infermieristica territoriale.

Detto che il ricorso al lavoro agile è stato oggetto di direttive specifiche da parte della Funzione pubblica (direttiva 1/2020 del 25 febbraio 2020 e circolare 1/2020 del 4 marzo 2020 e circolare n. 2 del 1°aprile 2020) e che per il personale direttamente coinvolto nell’emergenza e nei servizi indispensabili esiste ovviamente l’obbligo della prestazione in loco – pur con il rispetto di tutte le previsioni legislative sulla sicurezza personale - resta da esaminare più in dettaglio le situazioni residuali, cioè quelle che riguardano i lavoratori che non sono indispensabili e che non possono essere adibiti allo smart working.

Le norme prevedono due distinti interventi:

  • il primo è quello di ricorrere a tutti gli istituti contrattuali per giustificare legittimamente l’assenza dal lavoro;

  • il secondo è quello dell’esonero dal servizio.

Proviamo ad esaminare gli aspetti peculiari di entrambi gli scenari.

Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, si devono utilizzare gli istituti indicati nell’art. 87 del d.l. 18/2020 che possono essere così dettagliati:

  • ferie pregresse che non dovrebbero (almeno inizialmente) essere quelle del 2020 bensì quelle maturate nel 2019 o anni addirittura precedenti e devono essere assegnate d’ufficio anche senza il consenso dell’interessato;

  • congedi di varie forme, se in possesso delle condizioni soggettive;

  • permessi ex art. 33 della l. 104/1992 comprensivi degli ulteriori 12 giorni per i mesi di marzo e aprile. La ratio dell’utilizzo del permesso in connessione con l’emergenza esclude la fruizione ad ore, circostanza peraltro già consolidata in sanità;

  • congedi parentali nella versione di cui all’art. 23 del d.l. 18/2020 dal 5 marzo 2020 fino a quando perdurerà la sospensione dei servizi scolastici. Il congedo è frazionabile e può essere richiesto alternativamente da entrambi i genitori anche se l’altro genitore è in smart working ma non se non lavora o se beneficia di forme di supporto del reddito (vedi circolare INPS n. 45 del 25 marzo 2020);

  • altre forme di congedo previste da leggi e contratti collettivi;

  • permessi personali ex art. 37 del CCNL del 21 maggio 2018 e omologhe norme per la dirigenza;

  • riserva di ore non assistenziali cumulate dai dirigenti, per il cui utilizzo è necessario fornire comunque una reportistica dell’attività svolta;

  • banca delle ore e riposi compensativi, intesi come recupero ore a giornate intere delle eccedenze orarie riconosciute e non ancora liquidate. Per la dirigenza è indispensabile che le eccedenze orarie siano state generate da lavoro straordinario "vero", altrimenti si ricade nell'equivoco che è durato venti anni;

  • aspettativa ex art. 23-bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001, se fruibile;

  • permessi per aggiornamento facoltativo fino ad 8 giorni, se si individuano dei corsi pertinenti online; anche in questo caso va successivamente richiesta una reportistica;

  • rotazione. L’art. 87 non precisa in cosa consiste questo strumento per cui si potrebbe dedurre che vi rientri la mobilità interna e il ricorso al principio dell’equivalenza delle mansioni con il supporto, per il personale del comparto, dell’art. 13 del CCNL del 7 aprile 1999.

Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio.

Il periodo di esenzione costituisce servizio prestato a tutti gli effetti ma non viene riconosciuta l’indennità sostitutiva di mensa ed il periodo non è computabile nel limite ex art. 37, comma 3 del d.P.R. 3/1957; tale riferimento normativo deve comunque intendersi valere solo per il personale non contrattualizzato.

L’impatto organizzativo cui soprattutto le aziende sanitarie devono porre grande attenzione è che l’esenzione è giustificata solo qualora il personale non possa essere utilmente ricollocato in attività necessarie ad affrontare l’emergenza COVID 19.

La valutazione è ovviamente molto delicata e va effettuata ricorrendo al già ricordato principio dell’equivalenza delle mansioni. Ogni azienda o ente del S.s.n., nell’ambito della propria autonomia organizzativa, assume determinazioni al riguardo, escludendo appesantimenti amministrativi e favorendo la celerità dell’autorizzazione senza che il provvedimento sia necessariamente preceduto da un’istanza del dipendente. Dal punto di vista dei contenuti sostanziali l’esenzione dal servizio comporta che:

  • non incide negativamente sull’assiduità partecipativa ai fini dell’erogazione del trattamento accessorio premiale e della valutazione in quanto l’art. 87, comma 3 afferma

“il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge”;

  • al contrario, si ritiene che la locuzione sopra riportata non possa essere utilizzata anche nel caso di infortunio intervenuti nel periodo di esenzione;

  • durante l’esenzione sono inapplicabili tutti gli istituti inerenti a sospensioni e interruzioni del rapporto;

  • in linea generale per i dirigenti non dovrebbe essere prevista l’esenzione perché gli stessi svolgono una preminente funzione di coordinamento e direzione, che nella Direttiva 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione è stata sottolineata ed enfatizzata. Ne consegue che appare estremamente difficile, per tali figure, ipotizzare di ricorrere all’esenzione, considerato anche che le relative attività lavorative appaiono in ogni caso compatibili con lo svolgimento in modalità agile.


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