Convegno CNAI Il futuro della Professione Infermieristico Intervento Recchia

Si è tenuto oggi a Roma il Convegno promosso dal CNAI (Consociazione Nazionale Infermiere/i) su un tema attuale quale: “Investimenti per la salute e competenze infermieristiche: Disegnare il futuro della professione”.

Un convegno nel quale rappresentanti delle Istituzioni, delle Aziende Sanitarie, degli Ordini ed Associazioni Professionali e sindacati, hanno espresso le loro considerazioni e proposizioni sul futuro della professione infermieristica collegata anche al PNRR e al nuovo contratto nazionale di lavoro per il personale del comparto sanità. 

Per la FIALS era presente il Segretario Nazionale Gianni Recchia, con un intervento di cui si riportano i contenuti.


Grazie Presidente, a nome della Segreteria Nazionale FIALS, per l’invito.

Il Tema posto dal CNAI in questo convegno sugli “Investimenti per la salute e competenze infermieristiche: disegnare il futuro della professione” è sicuramente sentito anche dalla FIALS perché ci permette ancora una volta di focalizzare l’attenzione sulle esigenze prioritarie per la professione infermieristica.

La diagnosi sulle deficienze del sistema sanità, le criticità relative al personale, specie infermieristico, sono emerse in questa pandemia e le conosciamo bene, bisogna mettere ora in atto la terapia per rendere il sistema esigibile e funzionale.

Il covid ci ha dato lezioni e ci spinge a ridisegnare il sistema sanitario, ognuno deve rimboccarsi le maniche ad iniziare dal Governo, Regioni, Ordini ed Associazioni Professionali, Aran e sindacati.

L’attualità di questi due anni ha innegabilmente portato in risalto la figura professionale dell’infermiere che è stata (ed è tutt’ora) in prima linea nella gestione dell’emergenza pandemica. 

Due anni in cui questo dramma, ha dato la possibilità agli infermieri di diventare più visibili, ove ce ne fosse stato bisogno, ed è innegabile che mai come in questi ultimi mesi la professione sia stata al centro non soltanto di argomentazioni di carattere normativo e organizzativo, come per esempio l’istituzione dell’Infermiere di famiglia o di comunità, ma anche delle cronache quotidiane, in positivo, come anche delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il premier Mario Draghi.

Io credo che questo sia stato anche un periodo di riscatto per la dignità professionale degli infermieri, ma ora é il momento di passare dalla stima e gratitudine alle azioni concrete e dare risposte alle criticità.

Per primo, l'adeguamento degli organici infermieristici per garantire livelli qualitativi di cura nelle degenze e nel territorio. 

Il dramma che più emerge oggi, ed ancor di più emergerà con l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è la questione infermieristica perché stiamo formando infermieri in meno rispetto al fabbisogno in sanità.

Necessita investire su questi professionisti che hanno aiutato con il “cuore” il Paese ad uscire dalla pandemia. Abbiamo bisogno di infermieri a tempo indeterminato, il personale invecchia, non vi è turn-over.

La legge di bilancio 2022, in discussione al Parlamento, deve investire risorse economiche sulle assunzioni, specie quelle infermieristiche e di tutte le altre professioni sanitarie come degli stessi Operatori Socio Sanitari.

All’interno dell’attuale sistema sanitario, vi è una visibile incongruenza: il numero dei medici è più elevato rispetto ai Paesi europei, mentre quello dei nostri infermieri è il più basso rispetto agli stessi paesi. 

Oggi, a livello dei Paesi Ocse, l’Italia ha un numero d’infermieri rispetto ai medici che è di circa la metà: un infermiere e mezzo per ogni medico contro una media Ocse di tre infermieri per medico. 

Ma vi è anche il tema del mancato sviluppo delle nuove e avanzate competenze per sopportare gli infermieri nei nuovi compiti. 

Vi sono cambiamenti, in atto, sul personale infermieristico che necessitano risposte: innovazione tecnologica, conoscenze più tecnologiche e quindi nuove competenze, nuovi ruoli per stare a passo alla nuova innovazione. 

Necessitano definire modelli organizzativi assistenziali innovativi, ma la criticità diviene l’organizzazione del lavoro collegata al “medico centrico”. 

In questi ultimi 5 anni non vi sono state sensibilità efficaci sui modelli organizzativi assistenziali, per definire la piena ed esclusiva funzione di cura degli infermieri e non di supplenza ai medici, nonché superando la frammentazione e la disomogeneità dei modelli regionali.

Riteniamo fortemente positivo, su questi aspetti, la legge approvata di recente in Emilia Romagna che istituisce la “Direzione Assistenziale” all’interno delle Direzioni Generali delle Aziende ed Enti della sanità. Rimane questo, a nostro parere, non solo il riconoscimento delle competenze delle professioni sanitarie, ma anzitutto la valorizzazione della componente assistenziale e di cura che una sanità a misura di persona porta con sé, accanto a quella strettamente “medica”.

Un’ulteriore criticità è il sistema della formazione perché si continuano a formare professionisti con un orientamento al “compito”.

Magari anche iper-specializzato, ma al compito e non essere formato per avere una visione complessiva del percorso dei processi complessi assistenziali e degli esiti che deve raggiungere. 

Ma se da un lato è giusto cambiare la formazione con coraggio, dall’altro dobbiamo evitare ancora, parlo come sindacato, a non creare degli infermieri e professionisti sanitari frustrati, nel momento in cui non troveranno nelle realtà lavorative, concretizzazione organizzativa, contrattuale ma, soprattutto, professionale con nuovi sbocchi di carriera e percorsi premianti. 

Necessita rendere la professione infermieristica più attrattiva perché con la retribuzione attuale non lo è affatto.

Di assoluta, rilevante e significativa importanza, è quanto prevede la legge di bilancio 2022 della Regione Valle d’Aosta nell’istituire un’indennità di attrattività regionale per far fronte alla grave carenza di personale sanitario

Una norma legislativa che prevede per il triennio 2022/2024, a partire dal 1° gennaio 2022, un’indennità integrativa mensile al personale della dirigenza medica e al personale infermieristico, titolari di contratto a tempo indeterminato, rispettivamente di 800 e 350 euro lordo in busta paga. 

Questo rinnovo contrattuale in atto, con la revisione della classificazione ed ordinamento professionale, deve dare risposte concrete alla questione infermieristica come a tutte le altre professioni sanitarie.

Come necessita ricercare, in questo nuovo contratto, soluzioni efficaci per reprimere le aggressioni nei confronti del personale sanitario. Sono 5 mila ogni anno, circa 15 al giorno nei confronti dei soli infermieri e per lo più donne.

Il presunto “riconoscimento economico del disagio” ottenuto nella “Legge di Bilancio 2022” - indennità di pronto soccorso – per medici e personale del comparto, certamente non basta.

L’incontro oggi su questi temi ha l’obiettivo, credo, come mantenere coerenza tra questa visibilità e quello che gli infermieri e le altre professioni sanitarie quotidianamente fanno. 

Di rilievo sarà, anche, specie per gli infermieri, misurarsi con il contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che per la sanità rappresenta una sfida importante, dove emerge il valore della medicina del territorio, della medicina di prossimità, che ridisegneranno anche il “futuro della professione”. 

I prossimi 5 anni saranno importanti investendo in innovazione e tecnologia della telemedicina dei medici, alla teleassistenza degli infermieri come delle altre professioni sanitarie e sociali.

Necessita garantire con le risorse europeeinvestimenti ad alto rendimento e debito buono” e per questo tutte le nuove competenze acquisite dagli infermieri non possono più essere non utilizzate e non valorizzate pienamente. 

Certo importante sarà investire in Case di Comunità ed Ospedali di Comunità, in Hospice, ma spendere miliardi per il 2026 per infrastrutture, per tecnologia, per i servizi sanitari territoriali, senza risorse umane, specie infermieristiche, è sola follia.

Il PNRR prevede, in base alla proposta formulata dall’AGENAS e dal Ministero della Salute, relativa ai “Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territorialeoltre 30mila infermieri di famiglia, oltre ai 60 mila che ad oggi mancano nella sola sanità pubblica.

Necessita, allora, affiancare l’investimento del PNRR in sanità con investimenti strutturali sulle risorse umane, specie infermieristiche ed a tempo indeterminato, per risolvere la carenza rispetto ai fabbisogni.

Necessita modificare i modelli organizzativi assistenziali in vista del PNRR, perché non è possibile che si parli solo di investimenti su nuove apparecchiature tecnologiche, su nuove strutture ospedaliere e specie territoriale e non riempimento dei contenitori e quindi di personale.  

Evitiamo il rischio di avere, ancora una volta, cattedrale vuote con uno sperpero di miliardi che pagheranno le nostre prossime generazioni. Non ce lo possiamo permettere!

L’infermiere di famiglia deve assumere con i nuovi ed innovativi modelli assistenziali un ruolo centrale nel sistema di assistenza sanitaria sul territorio, in collaborazione con i medici e nel rispetto delle reciproche competenze, con il risultato di un potenziamento sinergico, multidisciplinare e multiprofessionale, del servizio alla persona malata. 

La collaborazione tra medico e infermiere di famiglia è ancora più importante per le fragilità, per le persone più anziane, nelle condizioni di cronicità legate alla lungo sopravvivenza anche con patologie più o meno gravi.

In questa prospettiva professionale futura, necessita aggiungere un’altra funzione fondamentale dell’infermiere nei confronti di questa particolare categoria di pazienti fragili: la prospettiva, la possibilità di prescrizione di ausili o appositi presidi.

Veniamo al rinnovo contrattuale. L’Atto di Indirizzo del Comitato di Settore delle Regioni all’ARAN per la trattativa con i sindacati per il rinnovo del contratto, non pone alcuna attenzione alla questione infermieristica. 

Non si intravedono aumenti retributivi – i 500 euro mensili promessi da Sileri permangono solo promesse fumo negli occhi in un momento delicato – né si intravedono soluzioni di sviluppo di carriera.

Per la FIALS, non è più accettabile, in base a quello che gli infermieri ed gli altri operatori sanitari hanno fatto in questa pandemia, che il Governo dichiari “il Paese non ha risorse economiche per il personale della sanità”, mentre assistiamo alle dichiarazioni del Ministro della Pubblica Istruzione, Patrizio Bianchi, con alcuni Segretari di partiti politici, di richiesta, con questa legge di bilancio, di più risorse economiche per il personale della scuola.

Dov’è il nostro Ministro della Salute, Roberto Speranza?

Non sono più accettabili, i ma … delle Regioni, che continuamente lamentano di non avere soldi a sufficienza per la progressione di carriera delle professioni sanitarie, mentre lo spreco in sanità ha già colmato ampiamente il “pozzo di S. Patrizio”, come sono irricevibili le sforbiciate del MEF (Ministero Economica e Finanze) che taglia continuamente le risorse per il contratto del personale sanitario, ed infine, non ce la facciamo più a sopportare i “vincoli legislativi” che impediscono un trattamento retributivo, non solo dignitoso rispetto alle competenze, ma anche prospettive di carriera professionale.

BASTA, serve modificare il quadro normativo per rendere lo stato giuridico e normativo delle professioni sanitarie alla pari della dirigenza medica. 

Bisogna mettere mano al sistema di progressione di carriera, le norme vigenti non sono scritte sulla pietra ma possono e devono cambiare.

Il covid, infatti, ha modificato il sistema specialistico dei due grossi corpi professionali: i dirigenti medici e sanitari e le professioni sanitarie.

I primi, laureati medici specialisti, nella costruzione della loro retribuzione stipendiale, hanno una modalità di ingresso differente ai laureati infermieri, come delle altre professioni sanitarie, oltre alo stipendio, i medici hanno: l’indennità di esclusività, l’indennità professionale specifica e dopo il periodo di prova l’incarico professionale che aumenta anche economicamente dopo i primi 5 anni oltre a poter esercitare l’attività libero professionale intra-moenia.

Ai laureati infermieri, come le altre professioni sanitarie, che non hanno il requisito specialistico all’interno dell’attuale sistema di formazione di base, non viene riconosciuta l’indennità di esclusività, quella specifica, come anche l’incarico professionale e né tanto meno l’attività libero professionale intra-moenia.

Solo una retribuzione stipendiale mensile dall’inizio della propria attività fino alla fine del suo percorso professionale con la pensione.

Un ragionamento obsoleto, rinsecchito: gli infermieri hanno acquisito sul campo in questa pandemia le competenze tecniche per l’assistenza specialistica ai pazienti.

Sono professionisti che hanno dimostrato un adattamento alla flessibilità di organizzazione all’interno del sistema, e questo ultimo periodo ha avvalorato come, specie gli infermieri, hanno espresso competenze specialistiche nei confronti dei pazienti con una rotazione fulminea, da oggi al domani e senza alcun preventivo aggiornamento professionale,  da unità operative funzionali semplici o complesse ad unità specialistiche di covid, specie di rianimazione, assumendo direttamente incarichi professionali specialistici con autonomia gestionale e responsabilità complessa ed elevata. 

Necessita quindi, con questo nuovo contratto nazionale di lavoro, valutare l’esperienza, le competenze l’autonomia professionale degli infermieri e delle altre professioni sanitarie.

Se la posizione del Comitato di Settore e dell’ARAN è quella di definire solo incarichi gestionali – di organizzazione e di coordinamento – non ha senso che gli infermieri e le altre professioni sanitarie vadano a fare master di specializzazione, a prendere la laurea magistrale o specialistica, meglio andare tutti a fare corsi gestionali di coordinamento.

Il sistema degli incarichi professionali, quale percorso di carriera in ambito clinico ed assistenziale, della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale, in questo contratto deve essere finanziato, servono ulteriori risorse finanziare. Come necessita essere finanziata l’indennità di esclusività, in alternativa al vincolo di esclusività. 

I 76 milioni previsti dalla legge di bilancio 2022 in discussione per la nuova Classificazione ed Ordinamento Professionale per riconoscere maggiori retribuzioni stipendiali, progressioni di carriera, sono solo una vergogna, 35 centesimi lordi giornalieri da rispedire al mittente.

Come sono fortemente limitati i 51 milioni di euro per il finanziamento degli emolumenti accessori per aumentare le indennità di disagio e per fare fronte alla corresponsione delle indennità e produttività collettiva e passaggio di fascia ai nuovi assunti dal 2020 oltre a i dipendenti che saranno stabilizzati con la legge di bilancio 2022. 

La somma pari a 0,26 centesimi giornalieri lordi per dipendente è solo una vergogna. 

Come FIALS abbiamo provveduto ad inoltrare alle Commissioni parlamentari del Senato – dove attualmente è in discussione la legge di bilancio – diversi emendamenti sulle risorse per la sanità, per aumentare considerevolmente: la retribuzione stipendiale di base mensile, per dare respiro ampio alla definizione del nuovo Ordinamento professionale del personale e determinare percorsi di carriera professionale con l’allineamento normativo e giuridico a quello dei medici.

Ed ancora, la possibilità del finanziamento di “borse di studio” anche per le professioni sanitarie come avviene per i medici.

Inoltre un emendamento affinché vengano corrisposte, da subito, le indennità di specificità infermieristica della legge di bilancio 2021 che non devono necessariamente essere collegate alla firma di questo nuovo contratto ma seguire quanto è avvenuto per i medici –corresponsione subito -.

Un ulteriore ed ultimo emendamento riguarda il presunto “riconoscimento economico del disagio” nella “Legge di Bilancio 2022 - indennità di pronto soccorso dirigenza medica e personale del comparto sanità”, che certamente non basta e non può escludere il personale del 118.

L’Aran, come certamente, sapete, ha presentato una bozza di proposta di Classificazione ed Ordinamento Professionale, prevedendo, come da art. 3 della recente legge di agosto del 2021, la costituzione di 3 Aree, invece delle 6 categorie del contratto attuale, prevedendo per le professioni sanitarie l’accorpamento della categoria D e Ds nell’unica terza Area definita “Area delle Professioni Sanitarie e funzionari”, oltre ad una quarta Area delle “Professioni ad elevata qualificazione”.

Proprio per la specificità che è anche la base per la creazione di un’area per le professioni sanitarie in cui le nuove peculiarità possano essere concentrate e declinate secondo i bisogni del sistema e dei cittadini, abbiamo chiesto che questa terza Area venga separata considerando l’ambito dei:

  • professionisti della salute – da una parte -

  • dei funzionari – dall’altra -

senza, quindi, alcuna integrazione funzionale per le distinte competenze professionali e responsabilità.

Innovativa, come dicevo, è certamente la creazione della quarta Area riferita alle “Professioni ad elevata qualificazione” dove si prefigurano profili professionali strutturati e non certamente personale con incarico di funzioni, in possesso di laurea magistrale e specialistica con 5 anni di anzianità di servizio ed esperienza di responsabilità nel settore pubblico e privato.  

Abbiamo richiesto che questi nuovi profili professionali per le professioni sanitarie, proprio per evitare confusioni o doppioni con le competenze degli incarichi gestionali o professionali o meglio con gli stessi Dirigenti delle diverse figure delle professioni sanitarie, devono svolgere funzioni con carattere continuativo, con compiti di direzione sul governo di processi clinico-assistenziali complessi ed in posizione di elevata responsabilità ed autonomia, ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi aziendali.

Importante sarà la definizione corretta n questo nuovo contratto di tali profili professionali.

Giustissimo, a nostro parere, è considerare una esperienza minima di 5 anni di attività nel proprio profilo professionale e laurea magistrale o specialistica e tutto il resto può fare parte dei titoli curriculare, tanto più che il 50% di tali profili professionali, nelle diverse aziende sanitarie, sarà definito con selezioni riservate al personale interno con un sistema comparativo e non certo con prove specifiche. 

Certo permane ancora un dibattito aperto sulla collocazione di chi attualmente ha l’incarico gestionale di organizzazione o di coordinamento. Personale che giustamente aspira ad essere inquadrato nell’Area delle “Professioni ad elevata qualificazione”.   

Grazie per l’attenzione.


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