Indicazioni ANAC su commissioni concorso e codici comportamento

Nella composizione delle commissioni di concorso si devono evitare tutte le ipotesi di possibile maturazione di conflitto di interesse. Nei codici di comportamento integrativi non ci si deve limitare a ripetere quanto dettato dal codice nazionale.

Sono queste alcune delle più recenti indicazioni dettate dall’ANAC, che nel frattempo ha fissato al 30 giugno la data per il monitoraggio dei siti internet delle PA ed al 31 luglio quello per la pubblicazione della relativa attestazione da parte degli organismi di valutazione

La composizione delle commissioni di concorso

La deliberazione dell’ANAC n. 25/2020 “Indicazioni per la gestione di situazioni di conflitto di interessi a carico dei componenti delle commissioni giudicatrici di concorsi pubblici e dei componenti delle commissioni di gara per l’affidamento di contratti pubblici” si caratterizza per le indicazioni sulla composizione delle composizioni delle commissioni di gara e di concorso per evitare la insorgenza delle condizioni di conflitto di interessi e garantire l’applicazione del principio costituzionale del buon andamento e della imparzialità dell’attività amministrativa.

In mancanza di una chiara indicazione legislativa su ciò che si deve intendere per conflitto di interesse, sulla scorta dei principi dettati dalla giurisprudenza amministrativa ci viene detto che: “la situazione di conflitto di interessi si configura quando le decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un soggetto che abbia, anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l’interesse pubblico alla cui cura è preposto. L’interesse privato che potrebbe porsi in contrasto con l’interesse pubblico può essere di natura finanziaria, economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell’azione amministrativa. Vanno, inoltre, considerate tutte quelle ipotesi residuali in cui ricorrano gravi ragioni di convenienza per cui è opportuno che il funzionario pubblico si astenga dall’esercizio della funzione amministrativa, al fine di evitare potenziali conseguenze quali il danno all’immagine di imparzialità dell’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni”.

Con riferimento alle commissioni di concorso, una prima indicazione è la seguente: “i principi generali in materia di astensione e ricusazione del giudice, previsti dall’art. 51 e dall’art. 52 del c.p.c., trovano applicazione anche nello svolgimento delle procedure concorsuali, in quanto strettamente connessi al trasparente e corretto esercizio delle funzioni pubbliche.

Pertanto, qualora un componente della commissione concorsuale si trovi in una situazione di incompatibilità prevista dal citato art. 51 c.p.c., ha il dovere di astenersi dal compimento di atti inerenti la procedura stessa; allo stesso modo, l’amministrazione interessata, valutata l’esistenza dei presupposti predetti, ha l’obbligo di disporre la sostituzione del componente, al fine di evitare che gli atti del procedimento risultino viziati (Circolare n. 3/2005 Dip. Funzione Pubblica)”; tale obbligo di comunicazione deve essere inteso nel senso che ogni variazione deve essere segnalata. E’ strettamente connessa la seguente indicazione: “per orientamento giurisprudenziale consolidato, dunque, l’obbligo di astensione in capo ai componenti di una commissione di concorso sussiste solo nei casi, tassativamente intesi, previsti dall’art. 51 c.p.c., senza possibilità di procedere ad una estensione analogica degli stessi”.

Ed inoltre vengono fornite le seguenti indicazioni: “l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato stesso non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all’art. 51 c.p.c”.

E’ molto simile la seguente indicazione: “i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall’art. 51 (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale”.

Sui rapporti personali abbiamo le seguenti indicazioni:

1) “la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali”;

2) “perché i rapporti personali assumano rilievo, deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale, in quanto tale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico, in un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità”;

3) “nelle procedure di concorso, costituiscono quindi cause di incompatibilità dei componenti la Commissione esaminatrice, oltre ai rapporti di coniugio e di parentela e affinità fino al quarto grado, le relazioni personali fra esaminatore ed esaminando che siano tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia stato giudicato non in base al risultato delle prove, ma in virtù delle conoscenze personali o, comunque, di circostanze non ricollegabili all'esigenza di un giudizio neutro, o un interesse diretto o indiretto, e comunque tale da ingenerare il fondato dubbio di un giudizio non imparziale, ovvero stretti rapporti di amicizia personale. Pertanto, se è pur vero che, di regola, la sussistenza di singoli e occasionali rapporti di collaborazione tra uno dei candidati ed un membro della Commissione esaminatrice, non comporta sensibili alterazioni della par condicio tra i concorrenti, è altrettanto vero che l’esistenza di un rapporto di collaborazione costante (per non dire assoluta) determina necessariamente un particolare vincolo di amicizia tra i detti soggetti, che è idonea a determinare una situazione di incompatibilità dalla quale sorge l’obbligo di astensione del commissario, pena, in mancanza, il viziare in toto le operazioni concorsuali».

Con riferimento ad una selezione per il conferimento di incarichi dirigenziali, viene richiamata la deliberazione ANAC n. 1186/2018 e ci viene detto che:
a) “l’orientamento in materia di astensione, con riferimento all’esistenza di contenziosi promossi dai candidati nei confronti dell’amministrazione: tale situazione non comporta, di per sé, l’automatico obbligo di astensione da parte di un rappresentante dell’amministrazione stessa, ma la necessità di una valutazione della fattispecie concreta da parte dell’amministrazione, al fine di rilevare l’esistenza o l’assenza di una ipotesi di conflitto di interessi reale o potenziale, ai sensi degli artt. 6 e 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, e quindi valutare, anche sotto il profilo dell’opportunità, la necessità dell’astensione”;
b) “l’orientamento secondo il quale, qualora il funzionario interessato sia indotto, per decisione autonoma o per decisione dell’amministrazione, ad astenersi dal procedimento, tale astensione debba essere completa, riguardando tutti gli atti del procedimento”.

I codici di comportamento integrativi

Nei codici di comportamento integrativi si possono prevedere gli obblighi per tutti i dipendenti di segnalare i propri procedimenti penali e per i dirigenti di segnalare le condizioni di incompatibilità che li interessano. Lo evidenzia la deliberazione ANAC n. 177/2020, che detta indicazioni per l’aggiornamento di questi documenti.

In premessa, ci viene ricordato che la proposta di questo documento deve essere presentata dal responsabile anticorruzione, che è necessario senta i dirigenti, l’organismo di valutazione e l’ufficio per i procedimenti disciplinari; che garantisca una ampia partecipazione dei dipendenti ed il coinvolgimento degli stakeholders. La revisione del codice di comportamenti integrativa va effettuata quando si concretizzino “ripetuti fenomeni di cattiva amministrazione”. Gli enti non devono limitarsi a replicare i contenuti del codice nazionale, posto che comunque non possono attenuarne le regole. La base giuridica di questi documenti, la cui violazione costituisce una infrazione disciplinare, è costituita dall’articolo 97 della Costituzione e, in particolare, dai principi di imparzialità e buon andamento ivi contenuti. Questi documenti sono radicalmente diversi dai codici etici, che “hanno una dimensione valoriale e non disciplinare”. Non sussiste un obbligo di adozione del codice di comportamento integrativo da parte delle società partecipate o controllate da PA, ma la loro adozione è opportuna. Il codice di comportamento, oltre che ai dipendenti pubblici contrattualizzati, ivi compreso il personale degli uffici di staff degli organi di governo, si applica ai consulenti e collaboratori delle PA. Occorre prestare particolare attenzione alla strutturazione del codice di comportamento e, nella forma, si suggerisce di dare corso ad una “formulazione in positivo”, il che “conduce naturalmente ad usare espressioni brevi, dalla struttura semplice e dal contenuto inequivocabile che le rendono più facilmente comprensibili e, insieme, più incisive”.

Si devono garantire una ampia formazione sui contenuti, la vigilanza sulla sua concreta applicazione ed il monitoraggio dei suoi esiti.

Un utile chiarimento è il seguente: “non spetta ai codici di comportamento introdurre misure sull’imparzialità soggettiva dei funzionari pubblici tese a limitarne l’accesso o la permanenza nelle cariche pubbliche o lo svolgimento delle attività dell’ufficio/incarico”; questi documenti devono disciplinare “il comportamento soggettivo del funzionario cui viene chiesto di seguire particolari canoni di comportamento nello svolgimento delle proprie funzioni”.

Ci viene subito detto che “la disciplina generale dei doveri di condotta è declinata all’interno dei singoli codici di comportamento sotto forma di dovere di dichiarazione”, quale potrebbero essere ad esempio “il dovere in capo ai dipendenti interessati da procedimenti penali di segnalare immediatamente l’avvio di tali procedimenti, o ancora, di introdurre in capo ai dirigenti l’obbligo di comunicare tempestivamente l’insorgere di cause di incompatibilità dell’incarico”.

Questi documenti devono essere strettamente collegati con i piani anticorruzione, così da “delineare .. un sistema di prevenzione della corruzione che ottimizzi tutti gli strumenti di cui l’amministrazione dispone, mettendone in relazione i contenuti “. In questa direzione va anche la considerazione che la violazione dei precetti dei piani anticorruzione costituisce una violazione del codice di comportamento e, quindi, una infrazione disciplinarmente rilevante.

Occorre stabilire dei collegamenti con il sistema di valutazione: viene suggerito che si tenga conto delle violazioni e che vengano assegnati obiettivi connessi al codice di comportamento, quali per esempio la cura del benessere organizzativo e la conoscenza dei suoi contenuti.

Nel codice integrativo si devono “approfondire quei valori ritenuti importanti e fondamentali in rapporto alla propria specificità in modo da aiutare i soggetti cui si applica il codice a capire quale comportamento è auspicabile in una determinata situazione”. Occorre tenere conto soprattutto dei seguenti doveri:

  1. “prevenzione dei conflitti di interesse, reali e potenziali;

  2. rapporti col pubblico;

  3. correttezza e buon andamento del servizio;

  4. collaborazione attiva dei dipendenti e degli altri soggetti cui si applica il codice per prevenire fenomeni di corruzione e di malamministrazione;

  5. comportamento nei rapporti privati”.

Con riferimento al primo dovere si suggerisce di disciplinare “la definizione dei modi con cui rendere le dichiarazioni; l’indicazione di una soglia minima di rilevanza delle attività di collaborazione retribuita pregressa o degli interessi attuali da ricomprendere nella dichiarazione; la previsione della possibilità di operare verifiche; il dovere di comunicare tempestivamente eventuali variazioni delle dichiarazioni già presentate; misure che possono essere adottate, con l’eventuale coinvolgimento del RPCT, per rimuovere il conflitto di interessi, quando assume un carattere strutturale”. Ed ancora, il chiarire “gli ambiti di interesse privato che possono interferire con l’attività dell’ufficio, allo scopo di rendere più semplice la identificazione delle adesioni soggette all’obbligo di comunicazione e stabiliscano termini e modi in cui le adesioni devono essere comunicate all’ufficio”.

Con riferimento al secondo dovere vengono formulati due suggerimenti: indicare “specifici doveri cui il dipendente deve attenersi nel rapporto con i cittadini/utenti che inoltrano reclami e segnalazioni, ovvero orientino positivamente le condotte di chi ha diretti contatti con il pubblico verso comportamenti che facilitino gli interessati nello svolgimento di attività amministrative o ne semplifichino l’attuazione” e “disciplinare i rapporti con gli organi di informazione sugli argomenti istituzionali”.

Con riferimento al terzo dovere, viene raccomandato sia di introdurre il dovere di curare le attrezzature e gli ambienti di lavoro sia di prevedere l’astensione dalla diffusione di notizie che possono ledere l’immagine dell’ente.

Con riferimento all’ultimo dovere, viene raccomandato di “indicare i comportamenti che i propri dipendenti e gli altri soggetti tenuti al rispetto degli stessi devono evitare di porre in essere, anche in ragione delle funzioni proprie di ciascuna amministrazione o di ciascuna carica, allo scopo di chiarire i confini tra consentito e non consentito”.

Nel rapporto con la contrattazione collettiva, leggiamo infine che si deve “ripensare ai rapporti fra il codice nazionale e le norme dei contratti collettivi che fissano doveri in capo ai dipendenti in modo da improntarli alla prevalenza della fonte unilaterale e, solo in via residuale o integrativa, della fonte contrattuale”.


Tags


Social