Consiglio di Stato: ai fini della stabilizzazione, la somministrazione deve essere equiparata alle altre forme di lavoro flessibile

Con propria Ordinanza il Consiglio di Stato afferma che anche i lavoratori che hanno prestato servizio presso una Pubblica Amministrazione in virtù di contratti di somministrazione, se in possesso dell’anzianità richiesta, hanno diritto ad accedere alle procedure di stabilizzazione.

I dipendenti dopo aver prestato servizio presso l’Azienda Sanitaria Locale in virtù di contratti di somministrazione, impugnano giudizialmente la loro esclusione dalla procedura di stabilizzazione indetta per la medesima ASL.

Il TAR rigetta la predetta domanda presentata in via cautelare dai prestatori, non ritenendo che la somministrazione potesse essere equiparata alle altre forme di lavoro flessibile (lavoro a termine, collaborazioni coordinate, rapporti convenzionali) che danno diritto alla stabilizzazione.

Il Consiglio di Stato afferma, preliminarmente, che, ai sensi dell’art. 1, comma 543, della L. 208/2015, anche il lavoro prestato mediante contratti di somministrazione deve essere ricompreso tra le forme di lavoro flessibile che consentono, al personale precario in possesso di determinati requisiti di servizio, di essere stabilizzato tramite procedure concorsuali riservate.

Conseguentemente, i Giudici dichiarano la sussistenza, nel caso di specie, del fumus boni iuris e del danno grave ed irreparabile (c.d. periculum in mora).

Su tali presupposti, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso dei lavoratori, affermando il loro diritto ad essere ricompresi nella procedura di stabilizzazione presso la ASL ove avevano prestato servizio in somministrazione.


Allegato: Consiglio di Stato - Ordinanza n.2738-2020


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