Tutela Inail per gli operatori sanitari nell’emergenza CoronaVirus

La nota Inail 17 marzo 2020 impone la trattazione dei casi di Covid 19 nel personale sanitario, dipendente, come infortunio sul lavoro: ciò consente una tutela rapida ed efficace del diritto leso mediante il ricorso a presunzioni semplici ed alla riconduzione dell’affezione morbosa contratta al rischio professionale specifico dell’attività sanitaria.

L’INAIL è intervenuto, con sua nota del 17 marzo 2020i, sul tema dell’inquadramento e conseguente trattazione dei casi di malattia da Covid 19 nel personale sanitario ovvero tutto il personale medico e paramedico sia del SSN sia dipendente di strutture sanitarie pubbliche o private.

L’INAIL ha chiarito che le predette affezioni morbose sono riconducibili all’infortunio sul lavoro e non alla malattia professionale e come tali devono essere istruite e trattate in sede amministrativa. Tale decisione si colloca sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di affezioni morbose che derivino da un agente patogeno estrinseco di natura virulenta (nel caso di specie il Covid-19) e con le Linee Giuda per la trattazione dei casi di malattia infettive e parassitarie di cui alla Circolare Inail n. 74 del 23 novembre 1995.

La causa violenta, elemento costitutivo dell’infortunio sul lavoro ex art.2 D.p.r. 1124/65(Testo unico degli infortuni e malattie professionali), è stata ravvisata nella causa virulenta di natura biologica sin dalla pronuncia in tema di carbonchio della Cassazione del 31 ottobre 1921 (F.F.S.S. / Migliori) ed è stata poi prevista ex lege, sempre nel caso del carbonchio, dall’art.2 R.D.1765/1935.

Le malattie/infortunio

ll dibattito giurisprudenziale e dottrinario in ordine all’applicabilità dell’Istituto dell’infortunio sul lavoro (art. 2 T.U.) ovvero della malattia professionale (art. 3.T.U.) si è riacceso a seguito dell’introduzione del c.d. sistema misto nelle malattie professionali, coincisa con la pronuncia della Corte Costituzionale n. 179 del 18 febbraio 1988iii nella quale veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 T.U. inf. mal. prof. nella parte in cui non ammetteva alla tutela le malattie causate dal lavoro e non ricomprese nelle tabelle allegate al Testo Unico.

Con la nascita del sistema misto sono ammesse alla tutela dell’ Inail non solo le malattie professionali tabellate (per le quali l’origine professionale è presunta ex lege) ma anche le malattie non tabellate, purché il lavoratore provi l’eziologia professionale delle stesse.

L’introduzione del sistema misto ha permesso di considerare malattie professionali non tabellate quelle patologie infettive per le quali non era stato possibile individuare con certezza il momento del contagio. L’applicazione alle patologie infettive della fattispecie astratta malattia-professionale ha avuto l’effetto paradossale di rendere piu’ complessa la tutela del diritto leso: sia perché, riaccendendo il dibattito, ha causato le lungaggini processuali derivanti da incertezze interpretative sia perché le malattie non tabellate onerano il lavoratore della rigorosa prova della causa /origine lavorativa.

I fondamentali precedenti della Cassazione 8058/91 e 3090/1992iv hanno sopito il dibattito e dato elementi di certezza, sotto un profilo probatorio, per la tutela del diritto leso ,in caso di affezioni da agente biologico, introducendo il ricorso al principio di presunzione semplice d’origine, mutuato dall’art. 2729 c.c.In forza del suddetto principio il procedimento presuntivo può essere invocato ”sia in merito alla natura infettante di un evento lesivo indicato come occasione di lavoro e fonte del contagio “sia “sull’accadimento dell’evento stesso”.

La prova del contagio pertanto può essere presunta in presenza di elementi di prova gravi, precisi e concordanti e prescindendo dall’individuazione dello specifico momento di contrazione del virus/ agente biologico: la causa violenta pertanto si identifica non nella modalità di penetrazione del virus o agente microbico e/o parassitario bensì nell’azione lesiva insita nella virulenza dell’agente!

Recependo tale orientamento giurisprudenziale, l’ Inail ha adottato, con circolare, le “Linee guida per la trattazione di malattie infettive e parassitarie” deliberando che le stesse debbano essere trattate come infortunio sul lavoro (ad eccezione della anchilostomiasi).vi

La Circolare Inail citata ha altresì chiarito che la trattazione del caso come infortunio sul lavoro non esclude anche la tutela concorrente della malattia professionale, allorché siano provati in causa gli elementi costituitivi della stessa.

La giurisprudenza prevalente ammette pertanto tale doppio binario di tutela e quindi l’ammissibilità di domande alternative di riconoscimento (come infortunio o come malattia).
 

La malattia da Covid-19 ai fini della tutela Inail

In base al citato orientamento giurisprudenziale ed al principio di presunzione semplice d’origine, la malattia causata dal Covid-19 (che costituisce un’ipotesi di malattia/infortunio) deve essere indennizzata dall’ Inail allorché costituisca “conseguenza dell’esposizione del soggetto infortunato ad un determinato rischio professionale”.

E’ pertanto chiara l’applicabilità dei summenzionati principi agli infortuni/malattie occorsi al personale sanitario che abbia contratto il virus in ragione del lavoro prestato per l’emergenza sanitaria.

Per queste ragioni la menzionata Nota dell’ Inail ha chiarito che la tutela assicurativa pubblica per il personale sanitario, che risulti aver contratto il virus, riguarda sia l’evento conseguente alla malattia da coronavirus sia il periodo di quarantena causato dalla malattia (non il periodo di quarantena per scopo sanitario che invece è escluso).

Ne consegue che gli operatori sanitari (che abbiano contratto per lavoro la malattia da Covid-19) possono ricevere dall’Inail l’indennizzo del periodo di temporanea conseguente alla malattia (indennizzabile con l’indennità di inabiità temporanea) e dei postumi permanenti di danno biologico (indennizzati in capitale o con rendita in caso di postumi superiori al 16%).

Infine, nel caso in cui la malattia abbia causato il decesso dell’infortunato, i suoi superstiti hanno diritto all’assegno funerario ed alla rendita ai superstiti (art. 85 TU).

La trattazione dei casi come infortunio, prescindendo così dall’esatta individuazione del momento in cui il virus è stato contratto e consentendo di adeguare la tutela al rischio professionale insisto nello svolgimento dell’attività sanitaria, permette una tutela celere e certa del diritto leso in quanto non grava il lavoratore di un oneroso onere probatorio in ordine alla contrazione della malattia in occasione lavorativa.


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